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PALAZZINA LAF

Durata: 99 min

Genere: Dramma

Lingua: Italiano

Regia: Michele Riondino

Con: Michele Riondino, Elio Germano, Vanessa Scalera, Anna Ferruzzo, Domenico Fortunato, Giovanni D'addario, Michele Sinisi, Fulvi...

Critica Girato a Taranto dall’autore cresciuto nel lugo e molto informato sui fatti, il film rincorre pezzi di vita allucinanti: oltre alla denuncia di Rosi c’è la deformazione grottesca alla Germi (citato in colonna sonora), Petri, Wertmüller. La differenza è che si racconta una storia incredibile ma vera: i termini di un thriller spaventoso suggerito dal libro Fumo sulla città di Alessandro Leogrande, mancato nel 2017. Un film folle ma con un metodo, generoso, necessario, non allineato, che parla di gente che lavora. Il protagonista, un povero Cristo e un povero Giuda rabbioso e anarcoide, non a caso somiglia a Gian Maria Volontè, archetipo ed eroe del nostro cinema civile: sembra di vederlo. (Corriere della sera)

1997. Caterino, uomo semplice e rude è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento.

99 min

Genere: Dramma

Lingua: Italiano

Regia: Michele Riondino

Con: Michele Riondino, Elio Germano, Vanessa Scalera, Anna Ferruzzo, Domenico Fort...

Critica Girato a Taranto dall’autore cresciuto nel lugo e molto informato sui fatti, il film rincorre pezzi di vita allucinanti: oltre alla denuncia di Rosi c’è la deformazione grottesca alla Germi (citato in colonna sonora), Petri, Wertmüller. La differenza è che si racconta una storia incredibile ma vera: i termini di un thriller spaventoso suggerito dal libro Fumo sulla città di Alessandro Leogrande, mancato nel 2017. Un film folle ma con un metodo, generoso, necessario, non allineato, che parla di gente che lavora. Il protagonista, un povero Cristo e un povero Giuda rabbioso e anarcoide, non a caso somiglia a Gian Maria Volontè, archetipo ed eroe del nostro cinema civile: sembra di vederlo. (Corriere della sera)

1997. Caterino, uomo semplice e rude è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento.
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